“Gentlemen’s agreement” sono due magiche parole inglesi molto in uso nella nostra associazione per avallare situazioni comportamentali che sono contro le regole dell’associazione stessa. In italiano le due parole magiche si traducono in “accordo tra gentiluomini”. Non rispettare un accordo tra gentiluomini è considerato nel pensare comune quasi un atto di alto tradimento, ma rispettare l’accordo significa, invece, tradire il nostro Statuto internazionale.
Gli accordi tra gentiluomini più conosciuti tra i Lions sono quelli relativi alla “turnazione” distrettuale dell’incarico di Governatore, solitamente divisa per Zone, per Circoscrizioni, per Gruppi o per Regioni. Questi accordi sono in contrasto, come ho già scritto, con il nostro Statuto internazionale, perché impongono regole restrittive per l’assunzione di un incarico.
È più grave, pertanto, aver fatto un accordo tra gentiluomini o venirne meno, rispettando così lo statuto dell’associazione? E perché questi accordi tra gentiluomini riguardano il territorio e non prendono in considerazione la leadership della persona, il lavoro che ha fatto nell’associazione ed altre variabili che traccerebbero il candidato ideale?
E, ancora, siamo sicuri che la turnazione territoriale ci assegni la persona migliore per ricoprire quell’incarico? Io penso di no, conosco territori della nostra penisola nei quali ci sono grandi personalità lionistiche. Si tratta di persone che hanno dato molto all’associazione, ma per colpa di questi “accordi” sono costrette a fare “anticamera” e, spesso, a causa della lunga attesa e della non più giovane età, non hanno l’opportunità di portare il loro importante contributo all’associazione.
Un altro fattore negativo è il “gioco di potere” che queste turnazioni comportano, grazie al quale assistiamo alla nascita di gruppi che cercano di consolidare la propria “egemonia”, portando in auge alcuni candidati e affossandone altri.
Tante volte l’iniquità di queste turnazioni, che favoriscono territori a scapito di altri, creano malumore e fanno pensare che la nostra associazione non sia meglio delle altre, favorendo, inconsciamente, l’allontanamento di tanti soci nauseati e demotivati dalle circostanze decise, sovente (ahimé), da poche persone.
Le variazioni di questi accordi trovano addirittura spazio negli “Ordini del Giorno” dei congressi, e lo trovano in aperta violazione dello Statuto internazionale, ma sono convalidati da coloro i quali (i Governatori) dovrebbero essere, per preparazione e formazione lionistica, i conoscitori più attenti ed integerrimi delle nostre regole.
Il fatto più grave è che questo sistema “non legale” di accesso all’incarico di Governatore danneggia i più giovani: tutti noi ci ripromettiamo di far entrare sempre di più i nostri ragazzi nell’associazione per poi tenerli in “soffitta” anche se sono preparati. Possiamo in questo caso affermare che tutto va bene e ogni cosa è sotto controllo?
E che dire di quando capita che non ci sia nessuno disposto a candidarsi durante una determinata turnazione? Piuttosto che passare a quella successiva si “obbliga” un socio qualsiasi, ma con i requisiti necessari per essere eletto, a candidarsi.
Diciamo sempre che la nostra “L” sul distintivo significa “Libertà”… ma quale libertà noi concediamo ai nostri soci applicando regole restrittive?
Che bello sarebbe vedere ogni Distretto inviare il miglior officer a rappresentarlo e che ciò avvenga senza lacci o lacciuoli di sorta, come succede, a livello nazionale, quando si deve scegliere il “migliore” per un determinato incarico, indipendentemente dall’appartenenza ad un territorio o ad un altro. Che bello sarebbe vedere anche la coerenza nel dire “no” quando siamo convinti che le scelte di un candidato siano dannose per la collettività.
E allora liberiamoci dai lacci e dai lacciuoli della nostra appartenenza territoriale e scegliamo sempre il meglio per l’associazione, perché così facendo daremmo nuova energia a tutto il lionismo e miglioreremmo il nostro orgoglio di appartenenza.
Dal nostro codice etico…
“Dimostrare con l’eccellenza delle opere e la solerzia del lavoro, la serietà della vocazione al servizio”. “Ricordare che nello svolgere la propria attività non si deve danneggiare quella degli altri; essere leali con tutti, sinceri con se stessi”.
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